Farsi fotografare è una moda borghese già dall'Ottocento; le fotografie servono a tramandare se stessi nel futuro, essere fotografati vuol dire avere un proprio ritratto come usava prima la nobiltà. Farsi fotografare diventa così un rito cui tutti si adeguano di buon grado perché pare garantire ad ognuno la conservazione di un'immagine della realtà, per la memoria, l'autoriconoscimento,e come prova tangibile di presenze delle quali la fotografia è comunque testimonianza.
Mai come nel momento in cui un membro della famiglia si distaccava da essa per prendere la strada dell' emigrazione la fotografia giocava un ruolo fondamentale sia per chi partiva sia per chi restava. E' evidente che dovesse esercitare un fascino indiscutibile sugli emigranti, maggiormente interessati alla possibilità di farsi ritrarre non tanto per esigenze celebrative (il "farsi fare il ritratto come i signori" di cui sopra) quanto per vere e proprie necessità affettive.
Anche al di là dell'oceano la fotografia continua a svolgere le funzioni di documentazione di un fatto che le sono peculiari, legandosi all'attaccamento alla patria e al forte sentimento di appartenenza nazionale che caratterizza la mentalità di chi vive e lavora in terra straniera.
Impossibile a questo punto non ritornare sul problema degli "esclusi". In mezzo a tante fotografie molte ritraggono volti che ormai nessuno più ricorda ma che strenuamente, dal loro anonimato, continuano a imporsi al futuro almeno come presenza.