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su di me 

 

 

Il "linguaggio delle fotografie" è composto di un proprio repertorio di segni e simboli articolati e complessi simile a quello delle parole ma costituito da rappresentazioni, di fatti o di persone, che attraverso un codice non verbale trasmettono un messaggio  preciso e mirato. Tra le righe di questi messaggi è inoltre possibile leggere altre informazioni per così dire "sfuggite ai trasmittenti" forse a causa della novità e complessità del medium adoperato.

 

La produzione di una fotografia non era mai stata un fatto veramente personale per via della presenza del fotografo, presenza necessaria per la realizzazione dell'immagine ma che non scompariva una volta esaurita la sua funzione bensì permaneva sulla fotografia col proprio timbro o col marchio dello studio sul retro dei cartoni di supporto. Il rapporto col fotografo doveva assumere quindi una sorta di confidenzialità , soprattutto visto il valore particolare che hanno le fotografie per gli emigrati, per cui ci si serviva sempre presso lo stesso studio che diventava un po' il "fotografo di famiglia".

Prende forma l’”etica della spontaneità”, che si legherà indissolubilmente alla produzione fotografica di tutti noi, fino ad esasperarsi in tempi recenti con la moda del “selfie”.

La "posa", e con essa i diversi atteggiamenti e soprattutto gli oggetti che ne fanno parte, ha invece origini prefotografiche: deriva dalla ritrattistica aristocratica.

L’invenzione dell’ingrandimento fotografico porta con se il rimpicciolimento dei negativi e la loro moltiplicazione, quindi la moltiplicazione delle fotografie. Si producono molte più immagini, e molte non vengono più conservate, vuoi per incuria, vuoi perché “non sono abbastanza belle”